Cilento a tavola

La vinificazione nel Cilento – La terra dei microclimi

notizie

In diverse occasioni ho avuto il piacere di lodare la nostra cara amata terra madre Il Cilento per la sua grande offerta di prodotti univoci e genuini; la sua estensione permette di creare diversi microclimi adatti alla variegate esigenze dei produttori alla ricerca di sensazioni inequivocabili. Quest’oggi approfondiremo i diversi vigneti impiantati nel Cilento per avere un quadro abbastanza generale dei vini che potremmo incontrare e le diverse “cru” nate da condizioni pedoclimatiche particolari. È abbastanza noto come il Cilento sia famoso nella sua produzione per aver ottenuto la DOC ( nel 1989 seconda la Gazzetta Ufficiale) per il Cilento Rosso, Bianco e Aglianico; tutt’oggi abbiamo anche la comparsa da un paio di anni dell’Aglianico e Fiano del Cilento DOP. Per quanto riguarda la storia dell’aglianico abbiamo diverse fonti etimologiche e storiche, alcune che sfasano il “mito comparso su internet” della provenienza dal nome ellenico a causa delle incongruenze etimologiche, altre che suppongono la provenienza dal termine Gaurano ( proveniente dal popolo dei gaurani) e altre invece, con senso molto più storico, che attribuiscono la provenienza del nome da un termine nato sotto il dominio degli aragonesi a Napoli che indicava “dei vini prodotti in una zona pianeggiante”. Tralasciate le diverse etimologie, l’aglianico è un vitigno a bacca rossa con acini medio/grandi da cui si produce un vino di grande struttura e complessità organolettica; nel Cilento inizialmente veniva adottato il taglio con Barbera e Piedirosso ( ”u pere e palumm”) per cercare di stemperare la sua rudezza e aggressività in periodi in cui non si avevano grandi conoscenze di tecniche di cantina per l’invecchiamento e l’affinamento. Diverse sono infatti le testimonianze di utilizzare cisterne di cemento per l’affinamento dei vini e, fino a qualche tempo fa, addirittura dei serbatoi di vetroresina sostituiti fortunatamente da quelli in acciaio inossidabile. La Barbera è un vitigno autoctono del Piemonte ma è stato esportato nel Sud per la sua grande fertilità e adattamento del terreno che rendeva facile la produzione; è famoso per la sua grande acidità anche in piena maturazione che permette un invecchiamento maggiore. Il Piedirosso invece è un vitigno che predilige come clima esclusivamente quello campano e, sinceramente, la sua manifestazione maggiore è proprio quello che lo lega ai territori vulcanici del napoletano; sicuramente da tenere in considerazioni le produzioni del beneventano, nel Cilento precedentemente veniva utilizzato solo come taglio mentre, da qualche anno,alcune aziende tentano delle produzioni in purezza per vedere come reagisce questo vino di esile struttura nei nostri microclimi. Da pochissimo tempo invece stanno comparendo delle produzioni che coinvolgono il Primitivo, grandissima uva allevata nelle zone della Manduria con caratteristiche materiche che esprimono sensazioni molto inconfondibili di frutta rossa matura e fiori viola. È un vino di grandissima struttura che, in alcune occasioni nella produzione Cilentana, è stato utilizzato come taglio nella vinificazione di Aglianico, mentre invece da quest’anno una piccola azienda del Comune di Castellabate ha iniziato una produzione in purezza davvero interessante. Come ultima analisi sulla produzione dei vini rossi vorrei segnalare la produzione di un Cabernet Sauvignon in purezza nella zona di Ascea Marina, vino tipico della Francia e del taglio bordolese che ha contrassegnato la produzione di “elegantissimi ed eccelsi vini d’invecchiamento”. Vino molto importante nella sua zona d’origine ma che in Italia non si esprime con uguale importanza; nel Cilento prende le conformazione tipica dell’influenza del nostro territorio, quindi di grande estrazione fenolica e con un sostenuto titolo alcolometrico. Il Cilento Bianco DOC invece coinvolge la produzione del Fiano, del Trebbiano e della Malvasia bianca lunga. Il fiano è un vitigno originario del mezzogiorno italiano e molte testimonianze ne riconducono l’origine proprio a Lapio, comune della provincia di Avellino; il vitigno è vigoroso, molto fertile ma di basse rese, giustificando nel Cilento l’aggiunta in produzione del Trebbiano che è un vitigno invece di altissime rese. La malvasia ( ma sarebbe più giusto parlare di Malvasie per le diverse tipologie) è molto diffusa in diverse regioni d’Italia per la sua grande adattabilità su diversi territori; inoltre fa parte della famiglia dei vini aromatici come il Moscato. Quest’ultimo vitigno, molto diffuso in Piemonte sta avendo grande successo nel Cilento poichè sostituito diverse volte con la Malvasia nella produzione di Cilento Bianco o vinificato in purezza e successivamente spumantizzato per ottenere un prodotto davvero interessante e molto diverso dal suo cugino DOCG ad Asti. Piccole produzioni situate a Punta Licosa prevedono il coinvolgimento di uve Greco ottenendo vini davvero interessanti, mentre nel moderno panorama vitivinicolo diverse azienda hanno preso in considerazione la produzione della Falanghina, vitigno diffusissimo nel Beneventano dove si esprime davvero egregiamente.

Top
Condividi su Facebook
Condividi su Twitter
Condividi su Whatsapp
Condividi su Linkedin